“Luci a San Siro” è un famoso pezzo del noto Vecchioni.
La canzone parla della giovinezza del cantautore e di un suo amore che ha dovuto abbandonare per riuscire a soddisfare il suo sogno: cioè quello di fare il cantautore (scrivi, Vecchioni, scrivi canzoni che più ne scrivi più sei bravo e fai danè, tanto che importa a chi le ascolta se lei c’è stata e lei chi è? Fatti pagare, fatti valere, più abbassi il capo e più ti dicono di si. E se hai le mani sporche, che importa, tienile chiuse e nessuno lo saprà).
Ma poi se ne pente e vorrebbe tornare per avere la possibilità di riscegliere e rimanere da lei, nella sua giovinezza, nella sua povertà (Milano mia portami via, fa tanto freddo, ho schifo e non ne posso più. Facciamo un cambio, prenditi pure quel po’ di soldi, quel po’ di celebrità. Ma dammi indietro la mia seicento, i miei vent’anni e una ragazza che tu sai. Milano, scusa, stavo scherzando, luci a San Siro non ne accenderanno più).
E ricorda quanto si sono amati. Quando giocavano come solo due innamorati sanno e possono fare. Ed entrambi provano lo stesso sentimento e sono felici (luci a San Siro di quella sera. Che c’è di strano, siamo stati tutti là: ricordi il gioco dentro la nebbia? Tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là. Ma stai parando, tu stai gridando, cosi non vale, è troppo facile così. Trovarti, marti, giocare il tempo sull’erba morta con il freddo che fa qui).
Ma hanno preso strade diverse ed il loro amore era, probabilmente, immaturo. Solo superficiale, non vero (non ti ho capita, non mi hai capito mai)
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