Questo è in assoluto il brano più famoso del cantautore statunitense. Con una litania magica e emozionante, egli si interroga sulle sorti dell’umanità. E’ un brano dai connotati fortemente pacifisti, espressi con forza in ogni domanda che l’autore si pone. Infatti, il testo è interamente composto da domande, domande formulate sottovoce ma con un tono di disperazione, di frustrazione e di denuncia.
Ad ogni strofa, sembra di trovarsi in un tribunale, dove la pubblica accusa rivolge con meticolosità all’imputato, l’umanità stessa, in una sequela di accuse senza fine. “E’ forse questo il modo di comportarsi?Ti sembra un comportamento intelligente?” sembra voler sottintendere ad ogni passaggio, ad ogni arringa verso una giuria immaginaria. Sembra quasi un messaggio a dio, l’unico, forse, in grado di dar risposta a tutto.
Purtroppo, la risposta si disperde nel vento.
Così, malinconicamente, recita il ritornello, dove ci accorgiamo di tutto. In realtà, è un discorso fatto ad un amico, è un monologo da ubriachi, da discorso alle tre di notte prima di andare a dormire ad un amico già addormentato, un parlare al mare lungo uno spiaggia. Non c’è una reale risposta e forse non c’è nemmeno una reale domanda.
La retorica di questo brano, stupendo e irraggiungibile, mi ha sempre dato l’impressione di trovarmi di fronte a un Dylan pessimista e deluso. Molti, giustamente, lo ritengono un brano di speranza, un modo per dire ”ora basta! Basta guerra, basta violenza, basta soprusi”. Invece, dalla mia personale visione di Dylan, emerge un pessimismo profondo, un modo per sottolineare quanto non si stia facendo abbastanza e forse l’uomo non sarà mai in grado di fare altro che la guerra, alla fine.
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