Il torrente che vi si riversa addosso ascoltando questo pezzo ha la forza di dieci cascate. E’ un insieme di flash, di richiami, di associazioni vocali e visive. Questo brano apre l’album Pezzi ed è proprio tirandoci addosso questi frammenti del mondo che ci circonda che De Gregori ci porta a riflettere sulla vita moderna, sulla frenesia e l’ipocrisia, su come gli sforzi di ciascuno di noi a volte vengano inseriti in un turbinio di attività inutili.
Allora la cosa da fare è una sola: andarsene in Africa! E’ con questa esortazione che si chiude ogni ritornello. Tutta le liriche sono basate sull’assonanza e la comunanza delle parole sparate ad una velocità incalzante. Il tutto è tenuto insieme da musiche molto ritmate e ripetitive, a sottolineare l’ossessiva presenza di questi pezzi che ci circondano.
Con questo brano, De Gregori ha saputo ritrovarsi poeta moderno. Da sempre i suoi testi hanno un forte legame con la poesia e la lunga pausa creativa che si era concesso in questi anni ci ha restituito un cantautore unico, dello stesso calibro di De André nel dipingere con pochi, rapidi e lapidari tratti la società, le istituzioni, le virtù e i vizi degli uomini.
Rassicurato da questa nuova vena creativa, non posso che elogiare questo brano e augurarmi di sentire ancora creazioni così convincenti e profonde. In un’Italia che si divide tra la musica leggera e la musica impegnata o ricercata, credo che De Gregori possa rappresentare un ponte gentile tra ascoltatori da gusti diversi e spesso poco inclini alla musica italiana stessa.
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