La canzone descrive la nostalgia di un uomo verso la sua gioventù. Gli manca l’oratorio, le domeniche anche solo ma se volevi parlare il prete ti avrebbe ascoltato, quando da bambino cercava l’Africa. Al protagonista manca la sua gioventù ed i luoghi dov’è cresciuto, portati via dall’industrializzazione.
Mentre molti potrebbero pensare che nel ritornello Celentano fa riferimento ad una donna, io credo che con quel: “senza di te”, parli appunto della sua città come se la ricorda lui. E non può prendere il treno e raggiungerla (io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te. Ma il treno dei desideri, nei miei pensieri, all’incontrario va) perché è la città dove abita ora, ma modificata.
Anche se l’azzurro, l’estate, l’oratorio ci sono, a lui manca anche la spensieratezza che hanno i bambini. I bambini non si fanno problemi a correre per strada, a far finta che ci siano i leoni ecc… siamo noi, una volta cresciuti, a vergognarci a fare tutte le cose che tanto ci divertivano.
E il protagonista non osa più scendere in giardino a cercare l’Africa perché si vergogna di chi lo potrebbe vedere (cerco un po’ d’Africa in giardino tra l’oleandro e il baobab, come facevo da bambino ma qui c’è gente non si può più).
Non va più in oratorio a cercare un prete per parlare. Non grida più: mamma guarda un aeroplano” correndo fuori. Si limita a sentirne il fischio quando se ne va’. Non raggiunge più le spiagge.
La crescita ci porta via la spensieratezza dei bambini. Allora dico: “beati i pazzi che rimangono bambini per sempre e non si fanno problemi a comportarsi come i bambini”. “Beato chi ha il coraggio di dire quello che realmente pensa, senza peli sulla lingua”. “Beato chi gioca ancora per strada, chi va in oratorio che se adulto”. Io non ne avrei mai il coraggio.
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