Gli U2 sono tornati…ma se ne sentiva realmente la mancanza? La band più sopravvalutata della storia torna con un nuovo album…se nuovo si può realmente definire dal momento che come è oramai il caso negli ultimi anni, la band irlandese non riesce più a presentare nulla di realmente originale.
Sono decenni ormai che gli U2 hanno fatto il loro tempo e farebbero meglio a farsi da parte e lasciare il campo a nuove band più meritevoli o quantomeno innovative.
La voce di Bono riesce a infastidire anche in questo album, così come i suoi testi, ormai più che scontati, sempre all’insegna del suo tipico buonismo da predicatore, che come ogni buon predicatore che si rispetti, probabilmente sa anche predicare bene ma poi all’atto pratico razzola più che male.
Bono dovrebbe capire che non serve a molto scrivere brani sulla povertà, sulla pace nel mondo, sulle droghe, su qualunque cosa possa servire a farlo sembrare Dio in terra, se poi è il primo a vivere da nababbo e a vendere la sua musica a prezzi più che proibitivi. Che bisogno c’era di pubblicare questo album in quattro versioni? Una delle quali alla modica (?) cifra di quasi 50 euro?
Forse prima di mettersi a fare la ramanzina, Bono e company dovrebbero imparare, o meglio re-imparare a fare musica, evitando magari anche gli auto-plagi che ormai abbondano nei loro cd, come nel caso di Get on Your Boots, una specie di Vertigo parte seconda che, però, manca persino dell’energia dell’originale. O nel caso di Cedars of Lebanon, probabilmente una sorta di nuova Bloody Sunday che comunque rimane ben lontana dal capolavoro che è stata appunto Bloody Sunday per essere una pallida imitazione infarcita di pietismo e luoghi comuni.
No Line on the Horizon, insomma si presenta come l’ennesimo album firmato U2, che ormai più che una rockband si dimostrano essere degli astuti uomini di commercio, in grado di vendere più che bene la propria merce, ben sapendo che in quanto U2 ormai possono permettersi di tutto perché tutto gli viene concesso.
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