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Viva il vinile ma…

…a che costo!
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Ad oggi (ottobre 2007) il vinile è più vivo che mai; dal 1948 nel campo delle incisioni musicali si sono fatti enormi passi in avanti e il potere commerciale a pian piano limato spazio alla qualità.
Infatti è proprio di spazio che si parla: prima per portarsi dietro una decina di dischi (33 giri) ci voleva uno zainetto piuttosto largo e bello capiente; oggi è sufficiente una “pennetta” (pen drive) con le dimensioni di un coltellino svizzero e la capacità di contenere un migliaio di brani.
Ma a che costo?
Non occorre essere dei puristi per accorgersi che il suono di un disco trasmette emozioni calde; le musica assume una propria forma sinuosa, spigolosa, fluida, ma mai cilindrica come invece avviene per gli MP3 che, per quanto se ne dica (qualità sonora ecc…) spesso risultano dei monoliti in cui il basso è piatto gli acuti sibilano, la batteria ovatta.
E’ questo il prezzo pagato per la praticità, la portabilità e la diffusione di massa.
I principali ‘divoratori’ di musica sono i giovani: la musica fa moda, è un argomento di discussione, serve ad attaccare bottone, a confrontarsi e ad etichettarsi: Punk, Rockettaro, Dark ecc… ed è chiaro che in quest’ottica generale la qualità sonora passa in secondo piano e l’mp3 diventa il formato di riferimento.
Senza poi considerare che per un disco in vinile (200 gr) oggi ci vogliono dai 50€ in su (si arriva a cifre intorno ai 150€ per i doppi lp di qualità). Chiaramente ad un tale prezzo solo gli autentici appassionati (e chi se lo può permettere) acquistano musica in tale formato. Tra i “chi se lo puo’ permettere” aggiungerei anche chi con i dischi ci lavora, ossia i dj old school, inseparabili dai loro sl1200.
Dietro le nuove tecnologie ci sono incredibili battaglie industriali (per saperne di più vi rimando al post su tecnomagazine). L’affermarsi di uno standard piuttosto che un altro confluisce potere di mercato e quindi ricchezza.

Categories: Musica

Andrea Urso