Artificial Kid ovvero Danno, Dj Craim e StabbyoBoy. Un piacevole e interessante progetto sperimentale che attinge da influenze artistiche di matrice nettamente cyber-punk.
Le liriche del Danno, vecchia conoscenza della scena rap underground romana, sembrano prendere vita, come se le immagini mentali si reificassero e, una volta incastrate assieme come un puzzle, creassero in noi l ‘illusione di aver assistito ad una proiezione cinematografica più che all’ascolto di un cd.
Le musiche e i riferimenti fantascientifici di cui l’album è intriso rendono bene l’atmosfera desolante di un mondo decadente e ipertecnologico verso cui ineluttabilmente sembriamo avvicinarci: tutto sommato i racconti dei film e dei libri che tutti conosciamo non sono mai stati così lontani dalla realtà in cui viviamo. Ed è l’album stesso che sembra impersonificarsi in uno dei protagonisti dei romanzi alla Orwell in costante fuga da una realtà cupa e alienante: “Che cosa vede uno scanner? Vede dentro la testa? Vede dentro il cuore?” si chiedeva Philip K.Dick.
Il bombardamento di informazioni che ogni giorno passivamente subiamo, la rivoluzione tecnologica che come un piovra investe ogni ambito della nostra esistenza, l’imponente diffusione dei social network e della comunicazione virtuale, escono dal vaso di Pandora di questo cd e diventano importanti quesiti che la modernità deve porsi. Che posto ha la “persona” in tutto questo processo?
Ma poi mi rendo conto che io stesso scrivo da un computer e che voi stessi mi leggete dalle pagine di un sito web e allora come un moderno Winston Smith non mi resta che scrivere “quasi inconsciamente con le dita sul tavolo coperto di polvere: 2+2 = 5”
“Spero per il bene di tutti che gli scanner vedano meglio, perché se lo scanner vede solo in modo oscuro così come me, allora sono dannato, dannato per sempre. E in questo modo finiremo per morire tutti conoscendo poco, o niente. E su quel poco che conosceremo, ci saremo anche sbagliati”
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